Non sono supersitizioso,
la scaramanzia mi fa ridere, ma le coincidenze mi piacciono. Oggi il "Magazine" del "Corriere" parla degli italiani che hanno sfondato nel mondo (tanti, per fortuna). Dopodomani a Torino cercherò di convincere gli studenti riuniti per le Universiadi che mettere il naso fuori casa è buona idea (non ce ne sarebbe bisogno, visto che sono lì). Ieri, su "Italians", è comparso un elogio dell'economista Fulvio Ortu (origini sarde, nato e cresciuto a Trieste, dottorato a Chicago, insegnamento a New York e Los Angeles, approdato alla Bocconi di Milano come Tabellini, Perotti, Boeri, Giavazzi).
Sono contento della citazione e del successo di Ortu, conosciuto a Santa Monica il 7 novembre 2000, durante una delle prime pizzate "Italians" (era la notte della non-elezione di George Bush). Non ci sono solo gli economisti. Ci sono ricercatori, medici, dirigenti d'azienda, finanzieri, sportivi, cuochi, architetti, musicisti, registi (il "Magazine" dedica la copertina a Gabriele Muccino, che sta conquistando gli Usa - campo grande e difficile - col film «"La ricerca della felicità»). L'elenco è lungo e abbastanza noto, per fortuna. Propongo, quindi, un gioco diverso. Cerchiamo di capire se esiste, e qual è, il comun denominatore di queste storie di successo. Ci sono meccanismi virtuosi che in Italia possiamo imparare («imparare», non «importare»: sul punto, ormai, non ho più illusioni). Propongo questo elenco, basato su otto O.
OMBELICO
Un medico, un accademico, un cuoco o uno scrittore che non ha mai messo il naso fuori dall'Italia crede, inevitabilmente, che il suo ospedale, la sua università, la sua città o il suo editore siano l'ombelico del mondo. Uno scoop, signori: non è così!
ORGOGLIO
Nel mondo conosciuto si può andar fieri del successo professionale. In Italia, il successo è qualcosa che bisogna farsi perdonare (e non sempre ci si riesce: Tamaro, Baricco e Muccino sono tre casi celebri; le aziende sono piene di casi meno noti)
ONORE
Le belle storie internazionali sono quasi sempre trasparenti: talento, preparazione, lavoro, un'occasione. In Italia conta ancora troppo chi sei e chi conosci. Il caso dei concorsi universitari taroccati è clamoroso: ma neppure i migliori hanno il fegato d'intervenire. Preferiscono salvare la coscienza (e gli allievi) creando zone virtuose, e collezionare lauree honoris causa (sbaglio, professor Eco?)
OSTACOLI
Su 18.651 docenti di ruolo, solo nove (pari allo 0,05%) hanno meno di 35 anni; 5.647 (30,3%) hanno più di 65 anni (inchiesta di Rizzo e Stella sul "Corriere"). Aggiungo: secondo un sondaggio Demos-Repubblica, il 39% degli italiani nella fascia 35-44 anni si definisce «giovane» e non «adulto». Come dire: talvolta le vittime sono consenzienti. In America, in Nordeuropa o in Russia non è così: a trent'anni si è uomini, non ragazzi
OBBLIGHI, ORDINE & ORGANIZZAZIONE
Ogni nazione ha una reputazione. La nostra - l'ho scritto anche sul Magazine - è quella di talentuosi casinisti, di inaffidabili genialoidi. Alcuni connazionali interpretano volentieri questo personaggio, che un certo pubblico internazionale ama (per poi denigrarlo). Altri si sono ribellati, e hanno capito che il talento non serve a niente, se non viene abbinato a disciplina e affidabilità
OSTINAZIONE
Non è facile imparare l'inglese, la lingua del mondo (cinese e tedesco ancora meno); e non è semplice chiudere una samsonite, una mattina all'alba, e lasciarsi l'Italia alle spalle per un po'. Ma chi ha trovato quel coraggio, quasi sempre, è stato premiato.
Altro da aggiungere? Qualcosa che possiamo imparare?
Con la disciplina hanno sconfitto gli stereotipi (Magazine-Corriere del 25 gennaio 2007)
fonte: http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-01-25/01.spm
1 commento:
Beh siamo d'accordo. Saluti da Toronto.
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