22 aprile 2007

Lavoro: ragazzi, sveglia

Caro Beppe,
sono un ragazzo di 27 anni, a pieno titolo figlio di quest'epoca di precariato, ereditarietà politica e stragi del sabato sera. E' però anche l'epoca dell'Europa, delle trasformazioni, di Internet. Siamo nipoti di persone che hanno fatto la guerra, ricostruito un Paese distrutto e creato un sistema previdenziale eccessivamente ottimista (pensionati baby e vitalizi elevatissimi), tanto da mettere in ginocchio le casse statali dopo qualche anno. Siamo figli di una generazione post-sessantottina, che ha trovato condizioni sociali abbastanza agevoli, lavoro abbondante e stabile, stipendi buoni, e che ha saputo mantenere il senso della famiglia, con genitori forti (hanno fatto la guerra) che li hanno spesso messi da parte. Sono quindi conservatori, abituati a preservare e a ricercare oggi quello status-quo che li ha fatti vivere sereni e, purtroppo, non esiste più. Siamo una generazione che si accontenta. E' triste dirlo, ma vedo i miei coetanei sempre più lassisti e arrendevoli.
Il lavoro è instabile e rende poco? Pazienza, vivo a casa con i miei e lo stipendio me lo uso per cambiare cellulare ogni tre mesi, la macchinina ogni anno, la birra e la discoteca. I politici sono tutti anziani e inadatti a quelle che sono le problematiche del mondo moderno? Beh, che peccato, ci vorrebbero giovani. Ma nessuno si fa avanti, e continuiamo a votare sempre i soliti, facendoci volentieri mettere da parte dai «nonni inattaccabili» che continuano a stare su quelle poltrone da ben prima che nascessero i nostri genitori. E lo accettiamo, tanto noi abbiamo il nostro mondo. Ragazzi, sveglia. Cominciamo a capire che questo Paese va preso in mano, come i nostri colleghi di tutta Europa. Votiamo i giovani. Candidiamoci. Non iscriviamoci tutti a giurisprudenza o economia (ad esempio) per poi lamentarci che c'è poco lavoro. Inventiamoci qualcosa di nuovo. Sono laureato in informatica e ho scelto di lavorare autonomamente (senza l'appoggio di nessuno) per poter essere libero di innovare e non dover essere schiavo di un'azienda. E questo paga, se non in temini strettamente economici, almeno in termini di soddisfazione personale. Ogni tanto mi chino a cambiare schede. E' lavoro da tecnici? Sì, ok, e allora? Molti miei colleghi mi guardano come un alieno e con disgusto. Poi stanno su una scrivania 50 ore la settimana per 700 euro al mese a progetto, senza possibilità concrete di crescita.

Stefano Marinelli, stefano@dragas.it

Tratto da: Italians - Corriere della Sera

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